Miklós Radnóti, Settima egloga

Miklós Radnóti, Settima egloga

Traduzione di Edith Bruck

Vedi, imbrunisce, e l’atroce barriera di quercia
col fregio di filo spinato sta così sospesa che nel buio si dilegua.
Lo sguardo va lento oltre la cornice del campo,
la mente, la mente soltantoconosce la tensione del filo.
Vedi, cara, qui è così che si libera l’immaginazione, il sogno,
il bel liberatore, scioglie i nostri corpi sfatti,
e allora il campo si avvia alla volta di casa.
A brandelli e calvi, russando, volano i prigionieri
dell’alto della cieca Serbia verso il paesaggio di casa che si cela.
Paesaggio di casa che si cela! Ma c’è ancora una casa? Una bomba
non l’avrà colpita? E’ come quando ci arruolammo? Lo stremato
compagno di destra, quello a sinistra vedranno mai una casa?
Dimmi, laggiù c’è una casa dove ancora qualcuno intende l’esametro?

Senza strumenti, riga dopo riga, tastando,
scrivo i miei versi nella penombra così come vivo, cieco
come un bruco che striscia le sue dieci dita sulla carta,
il quaderno, la torcia, tutto mi fu tolto dagli scherani del campo
non arriva più neanche la posta, solo la nebbia scende sulle nostre baracche.

Tra notizie allarmanti e cimici, qui nelle montagne convivono
il francese e il polacco, l’italiano chiassoso, l’ebreo assorto,
il serbo scismatico, febbricitanti e con i corpi piagati-,
nonostante tutto, vivono la stessa vita in attesa di una buona nuova,
una bella parola di donna, un destino libero e umano, una fine irraggiungibile,
aspettando il miracolo.

Sono disteso sul legno, un animale prigioniero, tra i parassiti,
tra un’onda e l’altra di pulci quando l’orda delle mosche s’è placata.
Vedi, è sera, un giorno di prigionia
e un giorno di vita in meno. Il campo dorme.
Sul paesaggio splende la luna e quella sua luce il filo
spinato è nuovamente teso, dalla finestra seguo sul muro
le ombre delle guardie armate tra le voci della notte.

Vedi, cara, il campo dorme, i sogni frusciano,
chi si sveglia di soprassalto si rigira nel suo stretto lembo,
e di nuovo sprofonda nel nel sonno con il volto che si illumina. Io solo
sono sveglio, seduto assaporo la cicca in bocca invece di un tuo bacio
e il sonno tarda a portarmi conforto, perché
ormai non posso più morire né vivere senza di te.

2 thoughts on “Miklós Radnóti, Settima egloga

  1. Gaetano Giavoni ha detto:

    Bella.

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